Sono un canguro, mi sembra ovvio.
Vi vorrei raccontare la mia storia, ma ho preso un pugno talmente forte che non mi ricordo neanche il mio nome.
Vuoto totale. A parte l’ultimo frame prima del blackout. La mia testa che si rovescia all’indietro. Il rumore sordo della mia nuca che sbatte per terra e la vista annebbiata. Quando riapro gli occhi, riparto da lì.
Sono ancora in pieno stato confusionale, ma vedo che ci siete voi che mi guardate interessati.
Così vi chiedo di aiutarmi a ricostruire quanto accaduto.
Vi domando come mi chiamo e mi dite che il mio nome è Kangoo perché sono stato concepito in una Renault.
Penso che, se è vero, i miei sono andati contro tutti gli insegnamenti del National Geographic.
La cosa mi fa sorridere, ma ridere mi causa un dolore lancinante.
Quando si attenua, faccio perno sulla coda e mi rialzo. Mi siedo in un angolo. A quel punto si avvicina un uomo sulla trentina, in giacca e cravatta color prugna. Mi sussurra qualcosa all’orecchio.
Mi consiglia di andare in un centro massaggi cinese.
Su due zampe il suggerimento mi sembra per lo meno bizzarro. Ma l’uomo ha un non so che di autorevole. In più vedo che la maggior parte di voi mi fa cenno di ascoltarlo. Guardandovi in faccia ho l’impressione che vi auguriate tutti un happy ending. Così mi fido e mi faccio spiegare come arrivare al centro massaggi cinese. Mi rialzo e saltello su una zampa sola nella direzione indicata. Arrivo senza troppi problemi e mi accoglie una signorina sorridente che, senza fare troppe domande, mi accompagna in uno stanzone. Lo spazio è diviso da tendine, in modo da formare un alveare di postazioni lavoro, concepite attorno a dei lettini. Mi invita a “spoglialmi” e poi a “sdlaialmi”. Rimango solo in boxer e mi stendo. È a quel punto che, da oltre il separé a lato, sento arrivare una voce familiare.
È quella di un vecchio magnate televisivo in fuga dalla magistratura, che chiameremo confidenzialmente Silvio
Mi chiedo, ad alta voce, cosa ci faccia in un centro massaggi cinese. Mi risponde, compiaciuta e direi orgogliosa della sua professionalità, la signorina, con un gesto inequivocabile della mano. Mi sente anche Silvio che, inaspettatamente, scosta la tendina e si presenta abbozzando un sorriso a 32 denti, che diventa quasi da caimano quando vede che sono un canguro. Capisco che sta escogitando qualcosa nella sua mente. D’istinto metto la coda a protezione.
Balza giù dal lettino e mi chiede di diventare il simbolo del suo nuovo partito: Forza Australia.
Mi spiega che è arrivato il momento di scendere in campo in Australia per costruire un nuovo miracolo australiano. E che servono facce nuove. Come la mia. Anche se ho perso la memoria, questa mi sembra una storia già sentita. Lo ringrazio, ma gli faccio capire che non mi interessa più di tanto. E poi ho altro per la testa, devo ricostruire la mia storia. Ma Silvio non è uno che rinuncia tanto facilmente. Così mi dice che se accetto, in cambio, mi farà parlare con qualcuno che potrebbe aiutarmi a scoprire qualcosa in più sul mio conto: una ex velina che si è fatta mille canguri e quindi probabilmente anche me.
Si può dire tutto di Silvio, ma non che non sappia ottenere ciò che vuole. Mi faccio schifo da solo, ma ho troppo bisogno di informazioni. Mi faccio comprare. Gli dico che accetto e lui non fa una piega. Sembra esserci abituato. Fa un paio di chiamate e mezz’ora dopo sono a tu per tu con Titti. La ragazza sembra conoscermi bene e saperla lunga. Devo aver preso proprio un bel cazzotto per non ricordare nemmeno le sue tette mozzafiato. Mentre mi parla con la sua voce suadente, mi si rizza la coda. Mi dice che lei le nostre notti non se le può dimenticare. “Quanti salti!”, ammicca divertita. Poi mi prende le mani e dice: “Baby non ti ricordi proprio nulla? Questi sono guantoni e tu sei alla vigilia di una sfida attesissima per diventare campione del mondo dei pesi massimi!” Mi guardo le zampe anteriori e solo ora noto i guanti da pugile. “Ma questo lo sanno tutti, anche Silvio!” ridacchia Titti, mentre io penso che mi sono fatto in…gannare. “Quello che sa solo la Titti”, prosegue mentre si aggiusta il davanzale, “è che ci sono di mezzo strane scommesse e certa gente ha i suoi interessi a farti arrivare malconcio al confronto. La Titti lo sa perché proprio ieri notte ha fatto un paio di stacchetti nella camera da letto di un amico del fratello di uno del giro”.
Vogliono che vinca il mio avversario insomma.
“Baby, volevano fiaccarti, potevano mandare me…”
E invece hanno scelto di farmi menare da un trans con i capelli da super saiyan!
Sono io che finisco la frase di Titti. Mentre racconta, ho una specie di flash. Ho appena finito di allenarmi. Uno di quegli allenamenti di scarico aperti ai fan. Sto imboccando la strada per gli spogliatoi, quando sento qualcuno che mi tocca una spalla. Poi un intenso profumo femminile. Mi giro, pronto a firmare un autografo e invece mi trovo davanti una specie di omone dall’acconciatura bizzarra. Prima che svanisca l’effetto sorpresa, intuisco partire un super cazzotto alla tempia, che non riesco a evitare. Si è accesa la luce. Ora ricordo tutto. Anche che devo muovermi perché sta per iniziare il match. E non voglio proprio perdermelo. Corro come un dannato per arrivare in tempo al forum. Quando entro sento il boato della folla e il mio nome urlato dallo speaker. Salto sul ring e vedo all’angolo opposto il mio sfidante, il pluricampione Rocky Kangoa! Lui è un mito per tutti, anche per me. Quando mi vede arrivare smette di gridare Adriana come un invasato e mi saluta con rispetto, battendo i pugni in aria. Lui è pulito. Non c’entra nulla con quello che mi è capitato. Si abbassa la musica, l’arbitro dà le ultime raccomandazioni e poi il via alla sfida. Passiamo il primo round a studiarci. Ma, finite le danze, nel secondo ce le diamo di santa ragione, senza risparmiarci. La gente è in tripudio, siamo uno spettacolo di muscoli e sudore. La svolta è il terzo passaggio.
Rocky Kangoa inizia ad attaccarmi con velocissimi uno-due alle costole e mi spinge alle corde.
A quel punto gli do involontariamente un colpo di coda e lo mando fuori dal ring tra le risa del pubblico.
Un riflesso involontario. Forse dovuto all’inconscio istinto di liberarmi da quell’angolo claustrofobico. E poi l’imbarazzo più totale nel quale sprofondo, rendendomi conto di aver esposto al pubblico ludibrio un simbolo come Rocky Kangoa, che esce di scena con un onomatopeico e fumettistico BOING. Sono io quello che perde, per squalifica naturalmente, ma ciò che resta è il goffo rimbalzo fuori dal ring del pluricampione. Il giudice aiuta Rocky Kangoa a rialzarsi, dopo di che lo accompagna sul ring per proclamarlo vincitore. Avrebbe una gran voglia di piantarmi un ultimo cazzotto in pieno muso – si vede – ma non lo fa per il fair play. Così si limita ad alzare i pugni in segno di vittoria, senza nemmeno guardarmi. Io vorrei correre in doccia a piangere dalla vergogna. Ho mandato in fumo la più grande chance della mia carriera e irriso un’icona della boxe. Finirò nel dimenticatoio. Sarò solo un altro canguro alcolizzato e depresso. Invece a sorpresa, non riesco nemmeno ad arrivarci allo spogliatoio! Vengo circondato da una calca in fermento. Spintonato dai cameran e tirato per il marsupio dai giornalisti. Dal mio rivale solo uno sparuto gruppo istituzionale di rappresentanza. Tutti vogliono parlare con me. Mi chiedono se la “codata” è stata una mossa studiata, di quanto ho angolato il colpo, a chi lo dedico, se ha un nome particolare, da quanto mi alleno per farla e millealtrecose. Sono un fenomeno mediatico. Salto da una rete televisva all’altra. Iniziano a chiamarmi tutti gli sponsor più famosi per strapparmi contratti da capogiro e, nel giro di poche ore, parte un merchandising aggressivo. Lanciano sul mercato una linea celebrativa con il mio faccione.Inizio modulo Finisco anche dentro una penna in color pelle di canguro, con tanto di sguardo incazzato e licenza di colpire al primo clic.
Tutto sommato non mi posso lamentare, soprattutto calcolando tutto quello che mi è successo in così poco tempo.
Il pugno preso, la perdita di memoria, l’incontro con Silvio e tutto il resto.
Posso solo ringraziare per come sono andate le cose.
Il signore dei canguri, il narratore eterodiegetico e tutti quelli che mi hanno sostenuto fin dall’inizio.
Alla fine, penso che si possa tranquillamente dirlo: la mia è una bella storia!
Titoli di coda
Kangoo in realtà si chiamava Tonino, ma gli è piaciuto il nome che gli avete dato e ha deciso di registrarlo all’anagrafe.
Titti, una notte dopo il famoso match, è entrata completamente nuda nella stanza di Kangoo con una busta di surgelati dal messaggio evocativo: 4 salti in padella!
Silvio, ha mollato la presa su Kangoo, perché poco tempo dopo queste vicende hanno votato la sua decadenza.
Rocky Kangoa rimane un mito per grandi e piccini.
Nome: Penna canguro
Età: 5 anni
Taglia: S
Residenza: in una tazza
Segni particolari: da qualche settimana ha una vita sociale molto attiva!