Matteo si era occupato per anni di spedizioni, presso una piccola impresa con sede fuori città.
Due ore e mezzo di viaggio al giorno tra andata e ritorno, sveglia prestissimo tutte le mattine, code infinte in autostrada.
Orario rigoroso in entrata, indefinito in uscita.
Un lavoro pesante al quale aveva detto basta in primavera, quando aveva vinto le selezioni per intraprendere la carriera di responsabile punto vendita per un famoso centro commerciale. Aveva tutta l’aria di essere la svolta. Sudata e meritata.
Le speranze di Matteo si erano, però, infrante presto, sotterrate, giorno dopo giorno, dai chili di casse di frutta e verdura che era stato costretto a scaricare e imbrigliate dall’obbligo di indegni straordinari non retribuiti. Il percorso prevedeva una crescita dal basso, molto lunga e faticosa. Fare esperienza, significava spaccarsi la schiena e non potersi lamentare. La musica non era cambiata, anzi aveva preso il ritmo stonato di una beffa.
Il suo corpo portava i segni della fatica fisica a cui non era abituato, ma ciò che stava peggio era il morale.
Quell’anno del Natale non si era minimamente accorto e quel poco che aveva percepito l’aveva infastidito. Questo almeno fino alla mattina del 20 dicembre.Il suo superiore gli disse che per quel giorno avrebbe dovuto dimenticare gli ortaggi e gestire la merce natalizia, che aveva la priorità. Si trattava di pacchi molto più leggeri. Per Matteo era una sorta di tregua.
Quando aprì il pacco proveniente dalla Finlandia e vide una simpatica statuetta di terracotta raffigurante Babbo Natale, non poté far altro che sorridere come non faceva da tempo.
“Grazie Santa”, disse strizzando l’occhio a Babbo Natale, prima di riporlo su uno scaffale del reparto addobbi per la casa.
Il giorno dopo, mancavano quattro giorni a Natale.
Il frigorifero era vuoto, così Gabriele decise di andare a far la spesa e si recò nello stesso supermercato.
Cercava il minimo indispensabile per affrontare il weekend e si era ripromesso di non buttare via soldi in cose superflue.
Poi però, davanti a Babbo Natale, non seppe resistere. Il bambino che era in lui ne fu come attratto. Santa aveva davvero una faccia graziosa e inoltre, a pensarci bene, casa sua era ancora priva di decorazioni. Lasciarlo lì, su quella mensola asettica, sarebbe stato un sacrilegio. Per giustificarsi di quell’acquisto un po’ infantile, decise di rinunciare alla cassa di birre che aveva di default messo nel carrello. Si lasciò alle spalle le casse, tutto soddisfatto del suo acquisto e talmente di buon umore che scrisse alla ragazza che gli piaceva per invitarla a passare la serata insieme.
Superate le porte scorrevoli, all’uscita, Gabriele vide per terra, al freddo, una donna sulla cinquantina, con un viso rigato da rughe profonde. Davanti a lei un cartello diceva: “AIUTATEMI, HO FAME”. Gabriele si sentì stranamente turbato, non riuscì ad andarsene come tante volte capita di fare. Il sacchetto sembrò appesantirsi talmente tanto, da non permettergli di far finta di nulla e proseguire. Può sembrare incredibile, ma per un attimo pensò che era stato Babbo Natale a frenarlo e a imporre una resistenza alla normalità. Realtà o suggestione, Gabriele si avvicinò alla donna, estrasse la vaschetta di prosciutto che aveva appena comprato e gliela offrì. La signora accettò e ringraziò con la testa. Gabriele formulò un pensiero improvviso. Pensò che la donna aveva bisogno di Babbo Natale più di lui. Così tirò fuori dalla busta anche la statuetta e la appoggiò vicino a una delle coperte rosse che la proteggevano dal freddo. Le sue rughe si distesero magicamente e il suo volto si sciolse in un sorriso.
Il 22 dicembre, Martina e la mamma, Simona, individuarono, dopo prolungate e minuziose ricerche, quale ricetta preparare per il cenone di Natale. Nel pomeriggio andarono a rifornirsi. Martina aveva tre anni e quell’atmosfera natalizia la faceva impazzire di gioia. Le luminarie per strada, gli alberi addobbati, l’attesa dei regali…le sembrava tutto fantastico. Quando usciva con la mamma, in quei giorni, veniva ogni volta piacevolmente distratta da qualcosa di nuovo e inaspettato. Fu così anche quel giorno. La spesa appena fatta e i preparativi per il banchetto passarono immediatamente in secondo piano, quando vide il luccichio del pompon del cappello di Babbo Natale. Martina si mise a correre e si appropriò della statuetta, incurante di chi fosse il proprietario. La madre si scusò con la mendicante per l’irruenza della piccola. Non ci fu verso di convincere Martina a separarsi da Santa Claus.
Simona non sapeva come comportarsi e rimase di stucco quando, all’improvviso, a prendere una posizione fu la donna.
La mendicante tirò fuori da sotto la montagna di coperte, come per magia, una mano con un pennarello e scrisse sull’altro lato del suo cartello “BABBO NATALE È DI TUTTI”. La mamma di Martina accolse sorpresa quella lezione di vita e lasciò qualche moneta alla donna. Poi lei, sua figlia e il loro nuovo compagno di viaggio salirono in macchina.
L’indomani, alle tre del pomeriggio, Federica accompagnò suo figlio Fernando a casa di Simona.
Fernando e Martina erano compagni di classe e ogni tanto, quando Federica aveva degli impegni da sbrigare, lo lasciava qualche ora a giocare con quella che sembrava essere la sua amichetta del cuore.
Prima di permettergli di andare via, quella sera Martina insistette per dare a Fernando un bacio sulla guancia e regalargli quella statuetta di Babbo Natale da cui il giorno prima non si sarebbe staccata per nulla al mondo. Le due mamme, dopo aver ammirato la scena, si guardarono tra di loro complici e sorridenti, consapevoli della tenerezza di logiche segrete e inaccessibili agli adulti.
Sulla strada per casa, Federica e Fernando passarono davanti a un barbone e a quella che aveva tutta l’aria di essere la sua “casa”: un materassino ingiallito, buttato per terra in una nicchia creata dalle mura di un palazzo, sacchi della spazzatura contenenti oggetti personali di terza mano e numerosi fogli di giornale.
Fernando chiese alla madre perché, essendo una casa, non ci fosse nessun addobbo natalizio, come quelli che avevano messo nel loro appartamento. Federica rispose che non tutti erano fortunati come loro.
Fernando pensò un attimo a quelle parole e annuì. Poi andò a mettere la statuetta di Babbo Natale ai piedi di quel giaciglio artificiale e aggiunse: “Allora forse dobbiamo aiutare il signore a decorare casa sua”.
Federica si sentì orgogliosa del suo ometto.
Prima che arrivasse la notte, Fred, il barbone sistemò il suo letto, in modo da sentire meno il freddo.
Si strinse al petto la statuetta e si addormentò raccontando a Babbo Natale tutti i suo desideri.
La Vigilia di Natale, Fred venne svegliato da qualcuno che lo scuoteva.
Iniziò a urlare, sicuro che si trattasse di un malintenzionato che voleva pestarlo, come era già accaduto molte volte in passato.
Invece era Alberto, il signore che abitava all’angolo e che ogni tanto passava a lasciargli qualche cosa: un maglione, un piatto di pasta, delle scarpe usate.
“Stai tranquillo Fred, va tutto bene. Senti, è la Vigilia di Natale e fa un freddo polare qui fuori, rischi davvero l’assideramento.
Io e la mia famiglia pensavamo: Perché non passi la notte a casa nostra? Puoi dormire senza problemi sul divano e domani pranzare con noi. Dalla finestra della sala si vede la tua “postazione”, così possiamo controllare che nessun altro te la soffi”.
Alberto sapeva che questa era una delle più grandi paure di chi vive per strada.
Di solito Fred era veramente restio ad abbandonare la sua casa mobile, lo viveva come un trauma.
Però di Alberto si fidava ed era da anni che non celebrava un Natale come si deve. Così disse di sì.
Quella sera Fred fece una lunga doccia calda e indossò dei vestiti puliti, mangiò una minestra saporita e, appena si appoggiò sui soffici cuscini del sofà, sprofondò in un sonno rigenerante.
Il giorno dopo fu Natale.
La moglie di Alberto aveva preparato un pranzo prelibato. Verso mezzogiorno arrivarono la figlia e il marito.
Prima di iniziare a mangiare fecero un brindisi e si scambiarono prima gli auguri e poi i regali.
Fred si sentiva un po’ imbarazzato per non aver nulla da donare, poi gli venne un’idea. Andò vicino al divano, dove aveva appoggiato, in un contenitore pulito che Alberto gli aveva fornito, i suoi effetti personali e prese qualcosa.
Tornò dagli altri e disse: “Ecco il mio regalo”.
Si trattava di un soprammobile raffigurante Babbo Natale che regge un pacchetto regalo verde.
“Che carino” esclamarono tutti all’unisono, guardando la statuetta. Dopodiché sorrisero e andarono ad abbracciare Fred.
Anche questa volta, Babbo Natale era riuscito nella missione più difficile, regalare a tutti un po’ di magia natalizia.
Andrea
Nome: Statuetta di Babbo Natale
Età: 1 mese
Taglia: M
Residenza: tavolo
Segni particolari: Oh oh oh!