Il fumo nuoce gravemente alla salute

Illustrazione del racconto "Il fumo nuoce gravemente alla salute"La notte di San Valentino ero di pattuglia.
Non c’era amore nell’aria per me, ma solo freddo e lavoro.
Avevo accettato il turno volentieri, un po’ per fare un favore ai miei colleghi, più o meno felici di onorare l’appuntamento romantico con i propri partner, un po’ per farne uno a me stesso perché così, bene o male, avrei tenuto la testa impegnata e avrei pensato un po’ meno a lei. Inoltre si prospettava una serata di tranquilla ricognizione.
Cenette affettuose per coppie. Di tutti i tipi: improvvisate, buffe, ridicole, solide e se andava bene persino innamorate.
Il giorno di San Valentino, anche i più insospettabili faticavano a trovare una scusa per sottrarsi al copione del tavolo prenotato.
Questo si traduceva statisticamente in un calo vertiginoso del tasso alcolico nelle vene e delle risse, giusto  per dirne un paio. Insomma da programma si trattava della tipica nottata in sicurezza.
Ma naturalmente non fu così…
Mi resi presto conto che c’era per lo meno un’altra persona a non festeggiare.
E non ci saremmo nemmeno potuti fumare una sigaretta insieme.
Verso le 22.00 arrivò la prima chiamata. Dicevano di recarsi in Piazza delle Risaie con urgenza. Nient’altro. Nonostante non avessimo avuto ulteriori dettagli, trovandomi in zona, mi offrii di andare a perlustrare l’area.
L’operatore aveva provato a iniziare la sequenza delle domande di ordinanza, ma all’altro capo del telefono avevano immediatamente riagganciato.
La piazza era piccola e nascosta dal viale principale, completamente vuota e riempita solo da un mugugno sommesso di dolore.
Nell’oscurità non vidi nulla, ma seguendo il lamento sincopato trovai una donna bianca sui trentacinque.
Ben vestita. Forse l’avrebbe dovuta aspettare una serata galante.
Invece era stata immobilizzata e legata a un palo con un filo di ferro stretto alla vita.
Le era stata coperta la bocca con del nastro adesivo grigio.
Ai suoi piedi due cose: una pozza di sangue e un portacenere rosso a forma di mano, con dentro un mozzicone e della cenere.
La bellezza del viso della donna strideva con l’ultimo raccapricciante elemento della scena del crimine.
Da una delle sue estremità pendeva uno straccio bianco rosso di sangue.
La prima cosa che feci fu rimuovere delicatamente quella benda artigianale. Alla donna era stata amputata la mano destra.
Urlai d’orrore e sentì un fluido caldo risalire dentro il mio stomaco. Mi girai e vomitai.
La donna era ancora in vita, ma completamente sotto shock.
Quando mi ripresi, chiamai un’ambulanza e poi rinforzi, urlando l’indirizzo in cui mi trovavo. Mi strappai un pezzo di camicia e provai a tamponare, premendo con vigore contro arterie e vene recise. Dissi alla donna di resistere e tenere duro, che ce l’avremmo fatta. Poi tentai di liberarla dal laccio che la teneva costretta in piedi, contro la superficie gelida del palo. Quando le tolsi lo scotch, i suoi occhi si gonfiarono di lacrime e non riuscì a proferire parola. Con l’aiuto di un’altra pattuglia rimuovemmo completamente il filo di metallo e poco dopo l’ambulanza la portò a sirene spiegate all’ospedale più vicino.
Essendo San Valentino, ed essendo la vittima una donna piuttosto seducente,  ci venne naturale prendere in considerazione la possibilità di un atto delittuoso a sfondo passionale, magari una vendetta, o più semplicemente l’operato di un sociopatico non contraccambiato, che voleva farla pagare alla sua vittima e a quello stronzo di Cupido.
Eppure qualcosa non tornava…
Neanche il tempo di riflettere con lucidità ed ecco arrivare la seconda chiamata.
Proveniva da un parco, a un quarto d’ora di distanza dalla piazza. Ancora sotto l’effetto dell’adrenalina, mi precipitai.
Stessa tipologia di ragazza, stesse modalità. La donna questa volta era stata adagiata e legata a una panchina. Di nuovo il posacenere con le cinque dita, la sigaretta spenta e una mano mancante. Unica differenza, quando liberammo la bocca di Deborah, sentimmo nitidamente una litania: “Prometto, prometto non fumerò mai più, più, mai”.
La radio diede un nuovo avviso e poi un altro e un altro.
Mentre gli innamorati consumavano stanche serate a lume di candela o si promettevano spensierati sogni d’amore, nove donne di bell’aspetto non si presentarono mai all’incontro con il proprio amante o con gli amici. Si trattennero qualche minuto di troppo con uno sconosciuto a concedersi quella che probabilmente sarebbe stata l’ultima sigaretta fumata con gusto della loro vita.
La notizia buona, se possiamo dire così, nonostante la violenza e l’ingiustizia delle azioni subite, è che nessuna delle vittime perse la vita. Io e i miei colleghi di pattuglia siamo rimasti colpiti dall’efferatezza dell’iniziativa criminale, dai fiotti di sangue che abbiamo visto sgorgare dagli arti amputati e stiamo continuando a indagare per catturare quello che è stato soprannominato il “serial dei mozzi fumanti”. Le donne, a poco a poco, hanno ripreso coscienza dell’accaduto e hanno iniziato a collaborare, per ricostruire quanto accaduto e provare a darci informazioni utili.
Il nostro profilo è un maschio bianco, di corporatura media e dai capelli castani, probabilmente sulla quarantina. Nessuna è in grado di dare un identikit preciso del volto, perché sembra che l’uomo indossasse degli occhiali da sole e un cappellino da basket scuro. In tutti gli episodi, l’uomo ha avvicinato le donne con la più banale delle scuse: “Fuma? Avrebbe una sigaretta?”. Poi ha approfittato della cortesia per iniziare ad attaccare bottone, in modo piacevole e invitando la vittima a fargli compagnia e a fumare con lui.  Nel farlo ha tirato fuori un curioso portacenere rosso a forma di mano.  Tutte le donne, a posteriori, ricorderanno che l’uomo ha iniziato a girarsi tra le dita la sigaretta, ma preso dal discorso non l’ha mai accesa. Poi, quando hanno terminato di fumare e sono state sul punto di salutare, le ha afferrate con rapidità e forza per la mano con la quale avevano preso la sigaretta, la stessa che poi avrebbe mozzato in modo anche da non lasciare impronte, e ha tappato loro la bocca. Una volta immobilizzate le ha legate e con un coltello ricurvo ha mozzato loro la mano.
Ha colpito nell’arco di poche ore e dentro un raggio d’azione circoscritto. Ha lasciato a tutte un monito preciso: “Il fumo nuoce gravemente alla salute”. E poi un avviso: “Se continuerete a fumare ci rivedremo presto…”
Doveva essere un San Valentino tranquillamente deprimente e invece si è tinto di rosso sangue.
La verità è che il “serial dei mozzi fumanti” si è mosso molto rapidamente e lasciando poche tracce.
Fondamentalmente brancoliamo nel buio. Abbiamo solo due piste da seguire. La prima ha a che fare con il potenziale movente: consiste nel cercare nel database uomini che rispondano al profilo tracciato e che abbiamo avuto qualche problema, malattia o decesso in famiglia connesso con il fumo. La seconda nel risalire ai venditori di quei curiosi e maledetti portacenere rossi a forma di mano…   

Andrea

 

Posacenere a forma di mano rossaScheda oggetto
Nome: Portacenere rosso a forma di mano
Età: 3 anni
Taglia: M
Residenza: mensola
Segni particolari: mano mano la tua mano!

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