Elvira non chiuse occhio per tutta la notte.
Lui invece si addormentò in un sonno profondo dopo l’ultimo amplesso.
A pancia in giù, il lenzuolo lo copriva fino a metà schiena, lasciando scoperte le sue splendide spalle.
Era la cosa più bella che avesse mai avuto accanto. Tanto bello da farle male.
Averlo dentro, quella notte, le aveva fatto provare sensazioni indescrivibili.
Un piacere intenso, mischiato a tutte le sue fragilità.
Nel momento più bello della sua giovane esistenza, tutte le sue debolezze erano affiorate con prepotenza e avevano raggiunto la superficie esattamente nel momento in cui lui si era addormentato nel loro ultimo sorriso.
Elvira era rimasta per ore immobile a osservarlo e ad accarezzarlo lievemente.
Ma la calma era solo un’apparenza. Dentro di lei ansia e agitazione si erano legate indissolubilmente.
Quell’immagine di perfezione aveva creato una crepa nel suo precario equilibrio mentale.
Lui era troppo per lei. Non sarebbe riuscita mai a soddisfarlo. A mantenere intatta quella perfezione. Oppure sarebbe stato lui a ferirla a morte. A mentirle, a fuggire. In ogni caso non ne sarebbe sopravvissuta.
Così Elvira decise di sottrarsi a quel dolore.
Poco prima che sorgesse il primo sole, corse fuori dalla casa che si trovava giusto al confine del bosco.
Come una pazza corse per tre miglia, completamente nuda nella notte.
Arrivò all’uscio di Miss Venice.
Tutti sapevano dove si trovasse la sua casa, ma raramente qualcuno si avvicinava, perché farlo significava una sola cosa: l’irrimediabilità. E le scelte da cui non si può più tornare indietro spaventano anche i più coraggiosi.
Miss Venice era una strega moderna. Tacco alto e una famigerata promiscuità sessuale.
Era la regina dei travestimenti e aveva una passione per il design.
Non preparava pozioni. La sua specialità erano le maschere.
Le sue bautte avevano più di una particolarità.
La prima consisteva nel fatto che una volta indossate non potevano essere rimosse.
Diventavano un tutt’uno con i volti che vestivano, determinandone per sempre l’aspetto esteriore.
La seconda, invece, aveva a che fare con quello interiore.
Le maschere di Miss Venice avevano dei poteri precisi, erano acceleratori di vizi e virtù.
Chi indossava la maschera dell’eroismo, diventava impavido. Chi quella del terrore, un assassino.
Quando Elvira arrivò, la strega era a letto con un uomo del nord e una donna di colore.
Andò alla porta scocciata, ma allo stesso tempo fortemente curiosa.
A parte i giocattoli che ordinava, da tempo non riceveva visite di sconosciuti.
Quanto vide il corpo turgido di Elvira, un impeto accese il suo desiderio.
Sono qui perché voglio una maschera – disse decisa e diretta Elvira.
Miss Venice la osservò professionalmente dopo quell’affermazione.
Quanti anni hai, ragazza?
Ventuno… – rispose Elvira, già molto meno fermamente.
E da dove vieni?
Da oltre il bosco dei castagni.
Il mondo dorme ancora e la tua vita si è appena svegliata, non buttarla dietro a una maschera.
Non sono la donna crudele che tutti raccontano, dimenticati di me e dei miei artefici.
Va’ via, subito… – disse con voce calda e a tratti compassionevole Miss Venice.
Elvira titubò e rimase in silenzio per un lungo istante.
Non voleva tornare indietro. Preferiva l’anestetico della finzione, al dolore del reale.
Io non mi muovo di qui, finché non avrò la mia maschera.
A quel punto, Miss Venice si sciolse i capelli e le si avvicinò.
Sei una piccola testarda! – esclamò con rabbia e nel farlo le strinse eccitata un seno.
Elvira si sforzò di non piangere.
La strega tornò affabile.
E che maschera vorresti?
Una maschera per non amare.
Quella dell’odio vorrai dire – ribatté Miss Venice.
No, io non voglio odiare nessuno. Solo non voglio essere succube dell’amore.
Mmm fammi pensare, che ne dici della bautta dell’indifferenza?
Sì… – disse timidamente Elvira.
E indifferenza sia! Ma ogni cosa ha un prezzo. Tu sei pronta a pagare per ciò che chiedi?
Sono disposta a far qualsiasi cosa…
Molto bene – sorrise compiaciuta Miss Venice, slacciandosi la vestaglia.
Rimasero nude una di fronte all’altra per qualche secondo.
Entrambe splendide nelle loro diverse età.
Miss Venice la prese per mano e la condusse dentro la sua casa, accompagnandola in un’orgia di piacere e dolore.
Quando dopo ore terminarono, Miss Venice la baciò sulla fronte.
Addio splendida Elvira.
Poi andò nel suo laboratorio.
Tornò mezz’ora dopo con una maschera della stessa misura del volto di Elvira.
Bianca e azzurra. Bellissima.
Con un fiore insinuato tra gli occhi, brillantini sulle gote e una boccuccia disegnata di oro.
Elvira gliela strappò dalle mani e poi la fece lentamente aderire al suo volto.
Non ci aveva ripensato, era decisa a non voler soffrire per amore.
La indossò e poi uscì.
Voleva essere sicura che funzionasse, così tornò verso la casa dell’uomo che aveva amato poche ore prima.
Quando arrivò nelle vicinanze, lo vide a cavallo a girare su se stesso come un pazzo. In lacrime.
Cercava l’amore che era scivolato via dal suo fianco e non si dava pace.
Elvira non riuscì a dispiacersi per quella scena straziante e romantica, che avrebbe fatto felcie qualsiasi innamorata.
La maschera funzionava.
Il cavaliere, vedendo arrivare una figura umana, le si avvicinò e le rivolse la parola.
Vecchia, hai visto in quella direzione una ragazza due volte la tua altezza, dalla pelle del colore della luna?
Elvira non rispose nulla e passò oltre di lui e poi oltre la casa.
Quando, pochi metri dopo, si specchiò in un piccolo lago, capì.
La maschera non aveva cambiato solo il suo animo, ma anche il suo aspetto.
L’indifferenza l’aveva trasformata in un’anziana ricurva, senza dolore sì, ma anche senza gioia né amore. Per sempre.
Andrea
Scheda oggetto
Nome: Maschera veneziana
Età: 8 anni
Taglia: S
Residenza: scatola dei ricordi
Segni particolari: non ne faccio mai una tragedia